11 settembre 2006

Il dolore

"Se si potesse uscire dal dolore come si esce da una città." Victor Hugo.

Ognuno di noi è destinato a provare dolore, dalla nascita fino alla morte, passando per la malattia e la vecchiaia, il dolore ci accompagna nel percorso della nostra esistenza, dalle grandi religioni ai filosofi tutti, hanno cercato di dare una spiegazione per rendercelo meno amaro.

Ma il dolore, il dolore quello fisico, il dolore dell’anima, il dolore della mente, difficile dire quale sia il peggiore, e misurarne l’intensità, quasi a voler dire si sto’ soffrendo, anche perché siamo tutti diversi e ognuno ha una sua soglia di sopportazione del dolore sia fisico che mentale, e anche le nostre esperienze ne danno un taglio diverso.

È certo che quando una persona soffre lo si vede, anche la più forte, la più coraggiosa, se la guardi dritto negli occhi, la curvatura della bocca puoi percepire il dolore a volte muto che cela dentro di se.

Oggi ero a pranzo fuori dove vado di solito a mangiare, e quando il locale si è un po’ svuotato, e il lavoro era un po’ diminuito chiedendo un bicchiere d’acqua alla cameriera, gli ho chiesto cosa fosse successo, e lei mi ha risposto nulla perché? allora io o replicato, i suoi occhi, la sua bocca, e lei in un mezzo sorriso no no niente ed è andata via.

Ho visto l’espressione di muto sgomento sul volto della gente mentre la loro casa crollava con tutta una vita dentro, ho visto madri apprendere la notizia della morte del figlio, ho visto l’espressione spenta delle persone sole, ho visto la faccia contorta in una smorfia di dolore di persone sofferenti, ho visto la mancanza di espressione di chi la morte l’ha cercata, come se nel gesto estremo fossero riusciti a cancellare tutto, e ho visto quanto può fare un semplice sorriso o un semlice gesto, quanta differenza contro l’indifferenza.

L’isolamento dagli altri che avanza come un virus, al quale ormai siamo abituati, e l’egoismo che ricambiamo come fosse un saluto, fa si che poi ci si ritrova immancabilmente a fare i conti con noi stessi, il nostro orgoglio non ci permette di aprirci di gridare il nostro dolore di chiedere aiuto ed è cosi che si rimane schiacciati, è cosi triste.

E tutto questo mi fa pensare come mai non comunichiamo più e quando lo facciamo perché non passa quello che abbiamo dentro quello che sentiamo?

Mi piace pensare al dolore non come ad una punizione, o come un destino da sfigati, ma come una lezione per diventare più umani, un occasione per essere più vicini e non più lontani, la possibilità che ognuno di noi ha di dare coraggio e speranza a chi soffre, e se le mie battaglie possono essere di incoraggiamento a qualcuno la sofferenza che le ha accompagnate ha un valore diverso.

Nessuno è immune al dolore, ma alcuni di noi hanno il privilegio di avere persone meravigliose accanto, io ho avuto questo privilegio, e mi sento veramente fortunato.

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5 Comments:

Blogger PiB said...

Non si esce dal dolore ma lo si vive e lo assorbe....se posso vorrei mettere il link a questo post sul Diario della Lontananza. Grazie

martedì, 12 settembre, 2006  
Blogger Lateo said...

@pib: hai ragione anche se io vorrei dire che lo si vince. Permesso accordato, è per me un'onore.

mercoledì, 13 settembre, 2006  
Blogger PiB said...

certo che lo si vince..non ho mai sostenuto il contrario....

mercoledì, 13 settembre, 2006  
Blogger Henry said...

lo si vince o si impara a conviverci?
me lo chiedo spesso...forse vincerlo pero' significa proprio questo: farlo tuo a tal punto che non lo senti piu' come un estraneo fastidioso.

mercoledì, 13 settembre, 2006  
Blogger Lateo said...

Lo si vince perchè lo si trasforma da sofferenza a occasione, il dolore è l'occasione per crescere e migliorare come esseri umani

mercoledì, 13 settembre, 2006  

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